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sabato 16 marzo 2013

PIAZZA ARMERINA






Piazza Armerina (Ciazza nella parlata locale Gallo-italicaPiazza o Chiazza in siciliano) è un comune italiano di 22.033 abitanti[3] dellaprovincia di Enna in Sicilia.
Già comune in provincia di Caltanissetta, quando la provincia di Enna non era ancora stata istituita, poi entrata a far parte di quest'ultima provincia, è patrimonio dell'UNESCO dal 1997 per la sua Villa del Casale.Piazza Armerina sorge nell'entroterra del Golfo di Gela, su un'altura dei monti Erei meridionali, nella Sicilia centrale, a quasi 700 m d'altitudine. La città, tra i maggiori punti di riferimento della provincia, è incastonata tra fitti ed estesi boschi misti con predominanza di eucaliptus, che si estendono ai suoi piedi a nord come a sud. Il territorio comunale della città rientra tra i primi 100 comuni italiani per superficie, piazzandosi al 37º posto con un'estensione di 302 km², che ne fanno il secondo centro della provincia alle spalle del capoluogo, ed il settimo della regione. Il suo punto più alto è di 877 m sul livello del mare, mentre quello più basso si colloca a quota 225 m, determinando una notevole escursione altimetrica che si registra tra il centro urbano e le località sottostanti, tra cui numerose sono le enclavi, ritagliate nei territori dei comuni limitrofi.


LA LEGGENDA :
Al centro delle contrade Navonello, Braemi, Cucchiara, Rossignolo, Scalisa, tra i paesi di Piazza Armerina e Barrafranca, si erge per ben 754 metri d'altezza Monte Navone. Monte dalla forma piramidale, secondo alcune tracce archeologiche, è considerato luogo anticamente antropizzato. La sua storia si perde nel tempo antico. La sua sommità, in particolar modo, è ricco di tracce di insediamenti di diverse epoca, tra cui quella greca. Figlio di una natura selvaggia ed incontaminata, Monte Navone fu ed è un vera e propria fonte di ispirazione per le leggende e le storie popolari più ancestrali e occulte. La sua nebbia che silenziosa scende dalla sua sommità durante i giorni d'inverno sembra portare con se tutto il peso dei secoli antichi, avvolgendo di misero le sue pendici verdeggianti. Basti pensare che proprio in cima si narra di un misteriosissimo tesoro, detto "dei sette re", custodito da spiriti. Ma la leggenda più famosa e comune è quella che narra di una fiera fantasma che ogni anno prenderebbe vita dal nulla. A Piazza Armerina e a Barrafranca si racconta che quando la Madonna Annunziata si celebra di lunedì a Monte Navone "si fa festa" e proprio dalla grotta del tesoro dei sette re si odono strida e lamenti. Altre varianti vogliono la fiera ricrearsi quando Natale (a Raddusa) cade di lunedì oppure quando, durante quest'ultimo, si festeggia Sant'Agata (a Piazza Armerina).
Per quel che concerne la prima variante, si narra che quando il Natale cadeva, per l'appunto, di lunedì gli antichi facevano festa sul Monte Navone con una fiera. In quel grande mercato v'erano beni di ogni tipo, animali di ogni specie e tanta gente. Un uomo vedendo tutto ciò si meravigliò e disse che sarebbe stato stupendo se quelle persone e quelle persone fossero diventate oro. Mentre affermava questo, i cieli si aprirono e tutti furono tramutati in oro. La montagna si chiuse. Da quel momento se qualcuno si trovasse ad andare a Monte Navone durante un Natale festeggiato di lunedì e senza sapere la storia e toccasse la montagna, la maledizione si spezzerebbe rendendo nuovamente ogni uomo ed ogni bestia nuovamente com'era, vivo e vegeto.
Simile ma diversa è la seconda variante. In tale leggenda è la festa di Sant'Agata ad essere presa in considerazione. Infatti se un visitatore, senza sapere che in quel lunedì si festeggia la santa, si trovasse ad andare a Monte Navone, si ritroverebbe circondato da una fiera in festa. Da questa può comprare ogni cosa, tutto quel che vuole e, dopo mezzanotte, una volta a casa, tutto si trasformerebbe in oro puro.
Sembrerebbe tutto rose e fiori ma c'è una nota dolente. Il visitatore dopo aver visitato la fiera può certamente tornarsene a casa ma durante il tragitto più di una voce chiamerebbe il suo nome nel buio e nel silenzio. Lui ha l'obbligo di non voltarsi mai e per nessuna ragione. Solo in casa queste voci svanirebbero. E se qualora si voltasse, tutto quello che è riuscito a prendere alla fiera si trasformerebbe in nulla e gli spiriti lo picchierebbero brutalmente. Questo, secondo alcuni racconti, potrebbe anche portare alla morte dopo qualche giorno avanti la visita alla fiera di Monte Navone.



IL RATTO DI PERSEFONE:

Ai tempi antichi, quando gli immortali calcavano questa terra con il loro augusto piede, tanti erano i problemi per le dee giovani e belle. Spesso queste grane si trasformavano in tragedie. Poche di queste storie si concludevano con un lieto fine, più spesso avevano un epilogo dolce e al tempo stesso amaro.
Persefone, o Kore, “la fanciulla” (nella mitologia romana, Proserpina), è figlia di Demetra e Zeus. Il nome latino della giovane dea, deriva direttamente dal verbo “proserpere” che sta per crescere, avanzare o estendersi. Infatti, nella originaria versione greca, Persefone rappresenta il grano verde, appena spuntato, mentre la madre è simbolicamente accomunata al grano maturo.
È inevitabile che una bellezza simile a quella di Persefone non susciti qualche desiderio. A perdere il bene dell’intelletto innamorandosi totalmente è Ade, l’invisibile, il dio dell’Oltretomba, signore dei morti. Ade decide di rapire Persefone per farla sua.
La giovane immortale sta raccogliendo dei fiori in una verde pianura della Sicilia, a pochi chilometri da Enna, accanto all’attuale Pergusa, lago alimentato da una serie di ruscelli. La accompagna l’amica Ciane. All’improvviso la terra si spalanca davanti alle due per lasciare il passo al dio dei morti alla guida di un carro trainato da quattro cavalli neri come la pece. Tutto si risolve in un attimo. Nell’aria rimangono solo le ultime grida di disperazione della dea fanciulla. La quadriga infernale sparisce inghiottita dalla voragine portando Ade e la disperata Persefone. Ciane che aveva tentato di bloccare la corsa del carro, viene trasformata in fonte d'acqua dal dio degli inferi. Da quel momento le acque del Ciane scorrono circondate dal verde e dai papiri fino a Siracusa.
La mamma Demetra, saputo del rapimento di Persefone, inizia a vagare per il mondo in cerca della figlia. Si dispera, urla, corre da un capo all’altro della terra per nove giorni ma non la trova. In una delle tappe della sua ricerca arriva nella zona dove sorgerà Trapani. Lì Demetra perde la sua falce. Da allora lo strumento ha guidato la formazione del paesaggio e il suo profilo falcato ha caratterizzato lo sviluppo della città.
La dea-madre viene aiutata da Ecate che le suggerisce di chiedere informazioni a Elios, il sole, l’unico che è riuscito a scorgere l’aspetto del rapitore. Così Demetra viene a conoscenza di tutti i particolari. Chiede aiuto agli altri dei dell’Olimpo e per forzare la mano a Zeus fa in modo che la terra non dia più frutti e la conseguente carestia mette in pericolo gli uomini.
Il re degli dei decide quindi di agire. Ordina ad Ade di riportare la fanciulla sulla terra. L’intrigo però si complica. Lo stesso Ade non vuole separarsi definitivamente da Persefone, quindi fa mangiare alla giovane dea alcuni chicchi di una melagrana. Per legge divina, chiunque mangi qualcosa nel Regno dei morti non può più ritornare fra i vivi. A zeus non rimane che porre rimedio, anche se parzialmente, alla faccenda. Persefone può tornare sulla terra per otto mesi. Il resto dell’anno deve restare negli inferi.
Da qui l’alternanza delle stagioni in Sicilia. Quando Persefone è sulla terra, da marzo a ottobre, i migliori per l’isola, la natura si risveglia e dà frutti. Quando la giovane dea è nel Regno dei morti, da novembre a febbraio, ci si trova in autunno e in pieno inverno.





LA CHIESA DELLA MADONNA DEL GORGO NERO:

Piazza Armerina. La chiesetta che adesso non c’è più. Si tratta di quella di Santa Maria del Gorgo Nero, che una volta stava proprio nel cuore della città, ossia nel borgo di San Giovanni. Scriveva Litterio Villari nella sua opera “La Storia ecclesiastica di Piazza” "Esisteva una chiesetta nei pressi del borgo del Patrisanto detta S. Maria del Borgo Nero la quale nel XVI secolo era andata distrutta. La grande immagine di stile bizantino della Madonna che stava nella chiesetta venne portata nella non lontana chiesa di Santa Barbara. In seguito arrivò nella chiesa dei Teatini". Quell’antica chiesetta di cui parla il Villari nella sua monumentale opera venne costruita, con tutta probabilità, dal pittore Giozzo, nome poi utilizzato dai piazzesi per chiamare la parte alta del fiume Gela. L’immagine della Madonna bizantina una volta chiusa la chiesa di San Lorenzo finì all’interno dell’opera pia della Casa di Riposo San Giuseppe. Lasciata a marcire dentro un secchio e ritrovata agli inizi degli anni 90 dal prof. Salvatore Ciurca. L’icona della Madonna bizantina è un simbolo di una parte della lunga storia che accompagna la Città. Oggi, grazie all’iniziativa del vescovo Michele Pennisi, della meravigliosa icona, di cui possono vedersi i contorni del volto della Madonna con in braccio il bambino, si cercherà di recuperare un’opera di indubbio valore artistico e storico per Piazza. Protagonisti del restauro saranno gli allievi della scuola arti e mestieri di Roma. L’idea di Michele Pennisi, di un cantiere didattico aperto al museo diocesano della città, ha trovato anche il contributo della giunta Nigrelli che in un anno di governo ha emanato numerosi provvedimenti e sposato diverse iniziative in uno dei settori dimenticati della città: le politiche dei beni culturali.







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